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Deutsche Bank vuole fare l'”italiana”

LA REPUBBLICA AFFARI & FINANZA – 08.02.2010

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Terminata la fase di riorganizzazione dopo l’uscita di Vincenzo De Bustis, ora l’ad Flavio Valeri punta sulla crescita anche per linee esterne, mentre vuole sempre più accreditarsi come una banca “istituzionale”, grazie anche a Giuliano Amato.


È stato proprio Flavio Valeri a volere a tutti i costi Giuliano Amato come senior advisor di Deutsche Bank, in pratica un public servant di grandissima esperienza a supporto della maggiore banca continentale presso le istituzioni non soltanto italiane ma europee.

Questa, per Valeri, arrivato a occupare il ruolo di chief country officer della filiale italiana dell’ istituto di Francoforte nell’ ottobre del 2008, cioè nemmeno un anno e mezzo fa, è la classica ciliegina sulla torta. Infatti Deutsche Bank Italia ha chiuso il 2009 con risultati brillanti: gli impieghi verso le imprese sono aumentati del 4 per cento, contro una diminuzione dello 0,5 del mercato nel suo complesso. Inoltre, nell’ erogazione dei mutui, la crescita è stata del 5,8 per cento, contro una discesa del mercato del 15,2. Ma, soprattutto, la banca sembra aver portato a compimento il turnaround dopo l’ uscita del discusso ex ad Vincenzo De Bustis. Che le cose non siano andate male per la filiale italiana è dimostrato anche dai conti di Deutsche Bank: proprio lo scorso giovedì ha reso noto il bilancio globale del 2009, che per il colosso di Francoforte segna il ritorno all’ utile (5 miliardi) dopo la perdita di 3,9 miliardi nel 2008.

I volti a Deutsche Bank Italia sono più che distesi, sono soddisfatti. A cominciare da quello del Cco, che ha avuto all’ inizio l’ onere di far dimenticare tutti gli “incidenti” in cui era incappata la precedente gestione. Ora la mission di riportare Deutsche Bank Italia nella carreggiata giusta e crescere sembra compiuta. Le scelte fatte da Valeri vanno nella direzione di ridare all’ istituto il volto di una banca molto presente e focalizzata sul territorio italiano dal lontano 1986 (quando acquistò la Banca d’ America e d’ Italia).

Niente più avventure nella finanza creativa, nei casi più scottanti, nei finanziamenti più controversi. Se non fosse leggermente retorico, si potrebbe dire che la gestione Valeri si caratterizza per il ritorno alle radici: un istituto che svolge le funzioni di banca d’ affari e di banca commerciale con forte orientamento all’ innovazione. E con una particolarità: «La struttura “a matrice” dice Valeri per cui le singole linee di business riportano contemporaneamente sia a livello divisionale globale sia a livello paese, danno a Deutsche Bank Italia una forza e un controllo superiore a quello di altre realtà».

Valeri non lo dice ma si riferisce evidentemente alla struttura divisionale tipica degli altri gruppi esteri operanti nel nostro paese. Con 2.700.000 clienti e 500 punti vendita, con uno spettro d’ attività che vanno dal retail alle imprese, dalla raccolta del risparmio (attraverso anche la rete di promotori di Finanza & Futuro) ai prestiti personali (Prestitempo) e alle carte di credito (1,5 milioni, un tempo marcate BankAmericard e ora invece targate Deutsche Credit Card), la filiale italiana del colosso di Francoforte copre tutto lo spettro delle possibili attività.

Con una crescita lenta ma costante: «Siamo qui da 30 anni con un progetto di lungo termine, non da ieri dice Valeri . Siamo un istituto radicato in Italia, e siamo spesso un partner anche per il governo italiano». Nel retail la forza di Deutsche Bank Italia sta, oltre che nella propria rete di filiali (“e se capita l’ occasione siamo pronti ad acquistare altri sportelli, come abbiamo cercato di fare con i150 venduti dall’ Mps, che avremmo voluto acquisire tutti insieme”), anche nell’ accordo con le Poste Italiane per la fornitura di prodotti bancari.

Nel segmento imprese Deutsche Bank vuole giocare a tutto campo sfruttando la sua rete mondiale di “global transaction banking”: «Possiamo dare un supporto al mondo dell’ export italiano, dalle piccole alle grandi imprese dice Valeri grazie anche alle nostre strutture fisicamente presenti in circa 70 paesi». Nel settore Corporate Investment Banking la banca ha ottenuto risultati di rilievo: dalla leadership nelle emissioni obbligazionarie (2° posto in quelle corporate) e nel trading (dove si posiziona al primo posto con una quota del 25,4%), fino al raddoppio della quota nel corporate finance nell’ ultimo anno (5%).

Insomma, Deutsche Bank vuol essere considerata in tutto e per tutto una banca “italiana” perché sostiene Valeri è qui da tanto tempo, conosce le imprese e i consumatori, e può offrire loro tutto ciò di cui hanno bisogno. Il target, però, non è costituito soltanto dai privati e dalle aziende, ma anche dai poteri pubblici: «Ci hanno chiesto di andare al Senato a fare una relazione sui derivati per gli enti locali», dice con orgoglio Valeri. «La nostra relazione è stata considerata la più chiara fra quella di otto banche».

La filiale italiana si presenta rinnovata da un ricambio anche manageriale e generazionale: in 18 mesi i due terzi del gruppo dirigenziale hanno visto avvicendamenti. «Ora siamo pronti ad affrontare i prossimi 510 anni», dice Valeri.